‘Vorrei che tu andassi a cercarla e la portassi. Sarei contento di sapere che hai al collo quella sciarpa, quando cammini per il lungotevere, uscendo dal tuo botteghino. Non ho dimenticato le nostre lunghe passeggiate sul lungotevere, avanti e indietro, col sole che tramontava’


Michele > Osvaldo

‘Caro Michele,

La sciarpa di cachemire è introvabile. Io pero’ mi sono comperato una sciarpa, credo non di cachemire, e senza strisce azzurre, una semplice sciarpetta bianca. La porto, e mi immagino che sia la tua. Mi rendo conto che è un surrogato. Ma d’altronde noi tutti viviamo di surrogati.


Michele > Osvaldo


‘Abbiamo copie di Polenta e veleno ovunque nella casa. Matilde te ne ha spedita una copia con dedica. Perciò tu vedrai  le zolle, il sole e la zappa. La copertina l’ha disegnata Matilde. L’editore Colarosa suggeriva una riproduzione di un quadro di Van Gogh. Ma non c’è stato verso. Matilde quando si caccia in testa una cosa nessuno la smuove. Le hanno detto tutti che la copertina che aveva disegnato sembrava un manifesto del Psi. Non c’è stato verso di dissuaderla’

Adriana > Michele


Qualche sera fa, ho cenato a casa di tua madre..
Cerano Osvaldo, Angelica, il pellicano, tua zia, tua madre, le tue sorelle piccole.


‘Ma io cosa ci faccio qui. Dove sono. Che razza di pelliccia mi trovo addosso. Che specie di persone sono queste, che non mi domandano quasi niente e quando parlo sembra che non sentono.’
Ho detto a tua madre che volevo portarle il bambino a vedere. Mi ha detto di portarglielo, ma senza nessun entusiasmo l’ha detto. Morivo dalla voglia di mettermi a gridare che il bambino è tuo. Se ne fossi stata sicura al cento per cento, l’avrei gridato. Cerano là tue fotografie di quando eri piccolo, io le ho prese in mano e trovavo che il bambino ti rassomiglia, nel mento, nella bocca. Ma è difficile essere sicuri. Le rassomiglianze sono una cosa sempre così incerta.

Il bambino ha pianto tutta la notte. E’ tremendo.
Mette i denti, povero bambino. Io l’ho sempre passeggiato nel soggiorno avanti e indietro, con le lagrime che mi scendevano. Verso mattina, si è addormentato. L’ho messo nella sua carrozzina. Mi faceva pena perché era stanco di piangere, sudato, molle, coi capelli sudati e appiccicosi, addormentato come uno straccio.


Mara  > Michele


Ma ho l’impressione che noi tutti abbiamo una sottile arte nel cacciarci in situazioni disperate, che nessuno puo’ risolvere, e che non ci consentono di procedere né avanti né indietro

Angelica > Michele

E’ vero che piu’ passano gli anni e più si accrescono le risorse della nostra pazienza. Sono le sole risorse che si accrescono’

 

 

 

Natalia Ginzburg,  Caro Michele,  1973