Calvino, Lezioni americane


Leggerezza
 

E’ sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, a non in un rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui gli è toccato di vivere, una realtà che egli porta con sé, che assume come proprio fardello. 

Il peso del vivere per Kundera sta in ogni forma di costrizione: la fitta rete di costrizioni pubbliche e private che finisce per avvolgere ogni esistenza con nodi sempre piu’ stretti. Il suo romanzo ci dimostra come nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile. Forse solo la vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono a questa condanna: le qualità con cui è scritto il romanzo, che appartengono ad un altro universo da quello del vivere.

In un primo momento volevo dedicare questa conferenza tutta alla luna: seguire le apparizioni della luna nelle letterature d’ogni tempo e paese. Poi ho deciso che la luna andava lasciata tutta a Leopardi. Perché il miracolo di Leopardi è stato di togliere al linguaggio ogni peso fino a farlo assomigliare alla luce lunare. Le numerose apparizioni della luna nelle sue poesie occupano pochi versi ma bastano a illuminare tutto il componimento di quella luce o a proiettarvi l’ombra della sua assenza. 

Resta ancora un filo, quello che avevo cominciato a svolgere all’inizio: la letteratura come funzione esistenziale, la ricerca della leggerezza come reazione al peso del vivere. 

Alla precarietà dell’esistenza della tribù, - siccità, malattie, influssi maligni – lo sciamano rispondeva annullando il peso del suo corpo, trasportandosi in volo in un altro mondo, in un altro livello di percezione, dove poteva trovare le forze per modificare la realtà. 

Credo che sia una costante antropologica questo nesso tra levitazione desiderata e privazione sofferta. E’ questo dispositivo antropologico che la letteratura perpetua. 

Ma l’idea di questo secchio vuoto che ti solleva al di sopra del livello dove si trova l’aiuto e anche l’egoismo degli altri, il secchio vuoto segno di privazione e desiderio e ricerca, che ti eleva al punto che la tua umile preghiera non potrà più essere esaudita, - apre la via a riflessioni senza fine. 

Così, a cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi. La leggerezza, per esempio..


 

 


Rapidità
 

Diremmo che dal momento in cui un oggetto compare in una narrazione, si carica d’una forza speciale, diventa come il polo d’un campo magnetico, un nodo d’una rete di rapporti invisibili. Il simbolismo d’un oggetto può essere più o meno esplicito, ma esiste sempre. Potremmo dire che in una narrazione un oggetto è sempre un oggetto magico. 

…gli avvenimenti, indipendentemente dalla loro durata, diventano puntiformi, collegati da segmenti rettilinei, in un disegno a zigzag che corrisponde a un movimento senza sosta. 
Con questo non voglio dire che la rapidità sia un valore in sé: il tempo narrativo può essere anche ritardante, o ciclico, o immobile. In ogni caso il racconto è un’operazione sulla durata, un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo, contraendolo o dilatandolo. 

Il piacere infantile d’ascoltare storie sta anche nell’attesa di ciò che si ripete: situazioni, frasi, formule. Come nelle poesie e nelle canzoni le rime scandiscono il ritmo, così nelle narrazioni in prosa ci sono avvenimenti che rimano tra loro. 

Nel mio lavoro di trascrizione delle fiabe italiane dalle registrazioni degli studiosi di folklore del secolo scorso, provavo un particolare piacere quando il testo originale era molto laconico e dovevo cercare di raccontarlo rispettandone la concisione e cercando di trarre da esse il massimo d’efficacia narrativa e di suggestione poetica. 

..la prima caratteristica del folktale è l’economia espressiva; le peripezie più straordinarie sono raccontate tenendo conto solo dell’essenziale..

Sarà però Salviati a definire la scala di valori in cui Galileo situa la velocità mentale: il ragionamento istantaneo, senza passaggi, è quello della mente di Dio, infinitamente superiore a quella umana, che però non deve essere avvilita e considerata nulla, in quanto è creata da Dio, e procedendo passo passo ha compreso e investigato e compiuto cose meravigliose. A questo punto interviene Sagredo, con l’elogio della più grande invenzione umana, quella dell’alfabeto: (Dialogo dei massimi sistemi, fine della Giornata prima):

Ma sopra tutte le invenzioni stupende, qual eminenza di mente fu quella di colui che s’immaginò di trovar modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo? parlare con quelli che son nell’Indie, parlare a quelli che non sono ancora nati né saranno se non di qua a mille e dieci mila anni?  e con qual facilità? Con i vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta. 

..in un’epoca in cui altri media velocissimi e di estesissimo raggio trionfano, e rischiano d’appiattire ogni comunicazione in una crosta uniforme e omogenea, la funzione della letteratura è la comunicazione tra ciò che è diverso in quanto è diverso, non ottundendone bensì esaltandone la differenza, secondo la vocazione propria del linguaggio scritto.

Ogni valore che scelgo come tema delle mie conferenze, l’ho detto in principio, non pretende d’escludere il valore contrario: come nel mio elogio della leggerezza era implicito il mio rispetto per il peso, così questa apologia della rapidità non pretende di negare i piaceri dell’indugio. La letteratura ha elaborato varie tecniche per ritardare la corsa del tempo: ho già ricordato l’iterazione; mi resta da accennare alla digressione. 

Sono convinto che scrivere prosa non dovrebbe essere diverso dallo scrivere poesia; in entrambi i casi è ricerca d’un’espressione necessaria, unica, densa, concisa, memorabile. 

Certo la lunghezza o brevità del testo sono criteri esteriori, ma io parlo d’una particolare densità che, anche se può essere raggiunta pure in narrazioni di largo respiro, ha comunque la sua misura nella singola pagina. 

In questa predilezione per le forme brevi non faccio che seguire la vera vocazione della letteratura italiana, povera di romanzieri ma sempre ricca di poeti, i quali anche quando scrivono in prosa danno il meglio di sé in testi il cui massimo di invenzione e di pensiero è contenuto in poche pagine, come quel libro senza uguali in altre letterature che è le Operette morali di Leopardi.

La domanda del mercato librario è un feticcio che non deve immobilizzare la sperimentazione di forme nuove. 

Fa parte della leggenda di Borges l’aneddoto che il primo straordinario racconto scritto con questa formula, El acercamiento a Almotasim, quando apparve nella rivista “Sur” nel 1940, fu creduto davvero una recensione a un libro d’autore indiano. 

Ciò che più m’interessa sottolineare è come Borges realizzi le sue aperture verso l’infinito senza la minima congestione, nel periodare più cristallino e sobrio e arioso; come il raccontare sinteticamente e di scorcio porti a un linguaggio tutto precisione e concretezza, la cui inventiva si manifesta nella varietà dei ritmi, delle movenze sintattiche, degli aggettivi sempre inaspettati e sorprendenti.

Ma secondo l’opinione più diffusa, il temperamento influenzato da Merurio, portato agli scambi e ai commerci e alla destrezza, si contrappone al temperamento influenzato da Saturno, melanconico, contemplativo, solitario. 

Il mio culto di Mercurio corrisponde forse solo a un’aspirazione, a un voler essere: sono un saturnino che sogna di essere mercuriale, e tutto ciò che scrivo risente di queste due spinte. 

Vulcano che contrappone al volo aereo di Mercurio l’andatura discontinua del suo passo claudicante e il battere cadenzato del suo martello. 

..alla fine del regno equilibrato e luminoso di Giove, Mercurio e Vulcano portano ognuno il ricordo d’uno degli oscuri regni primordiali, trasformando ciò che era malattia distruttiva in qualità positiva: sintonia e focalità.

 

Esattezza
 

Per esempio, Giacomo Leopardi sosteneva che il linguaggio è tanto più poetico quanto più è vago, impreciso. 

Dice Leopardi: … “Le parole notte, notturno ec., le descrizioni della notte sono poeticissime, perché la notte confondendo gli oggetti, l’animo non ne concepisce che un’immagine vaga, indistinta, incompleta, sì di essa che di quanto essa contiene. Così oscurità, profondo, ec. ec. ” (28 settembre 1821).

Continuo a sfogliare lo Zibaldone cercando altri esempi di questa sua passione ed ecco trovo una nota più lunga del solito, un elenco di situazioni propizie allo stato d’animo dell’”indefinito”:

“…la luce del sole o della luna, veduta in luogo dov’essi non si vedano e non si scopra la sorgente della luce; un luogo solamente in parte illuminato da essa luce; …in un andito veduto al di dentro o al di fuori, e in una loggia parimente ec. quei luoghi dove la luce si confonde ec. ec. colle ombre, come sotto un portico, in una loggia elevata e pensile, fra le rupi e i burroni, in una valle…; tutti quegli oggetti insomma che per diverse materiali e menome circostanze giungono alla nostra vista, udito ec. in modo incerto, mal distinto, imperfetto, incompleto, o fuor dell’ordinario ec.”.

Dunque Leopardi, che avevo scelto come contraddittore ideale della mia apologia dell’esattezza, si rivela un decisivo testimone a favore… Il poeta del vago può essere solo il poeta della precisione, che sa cogliere la sensazione più sottile con occhio, orecchio, mano pronti e sicuri. Vale la pena che continui a leggere questa nota dello Zibaldone fino alla fine; la ricerca dell’indeterminato diventa l’osservazione del molteplice, del formicolante, del pulviscolare…

A questo piacere contribuisce la varietà, l’incertezza, il non veder tutto, e il potersi perciò spaziare coll’immaginazione, riguardo a ciò che non si vede… Per lo contrario una vasta e tutta uguale pianura, dove la luce si spazi e diffonda senza diversità, né ostacolo; dove l’occhio si perda ec. è pure piacevolissima, per l’idea indefinita in estensione, che deriva da tal veduta. 

 

 

 


I Calvino, Lezioni americane, Garzanti, 1988